Riflessioni dal Douro


Stamattina, guardando il meraviglioso fiume Douro baciato dal sole di prima mattina, mi sono imbattuta in due articoli importanti per la nostra riflessione di ecologisti-federalisti.

Il primo, pubblicato da Giuseppe Sarcina sul Corriere della Sera « gli ecologisti al Verde » e il secondo « l ‘Europa Federale fra sogno e realtà » di Eugenio Scalfari. Il tutto sullo sfondo della proposta Merkel di un nuovo Trattato europeo, ma solo (e rigidamente) sulla governance economica e da negoziare fra governi. Niente costituente, partecipazione democratica eccetera. Una sorta di Fiscal Compact bis. E, naturalmente, per quanto riguarda l’Italia, nel contesto di un piano « crescita » che prospetta per l’Italia una strategia di uscita dalla crisi fatta di vecchissime e fallimentari ricette, secondo la volontà delle lobby di grandi e piccole imprese della vecchia economia, da ENEL e ENI, ai costruttori, agli autostrasportatori e dell’ideologia liberista e privatizzatrice del governo.

Esiste un nesso evidente tra tutti questi temi che noi, ecologisti e federalisti ovunque dispersi, ci dobbiamo porre molto urgentemente. Ripetiamo da tempo che é necessario un cambio di rotta. A quattro anni dall’inizio di questa fase di crisi, siamo ancora di fronte agli stessi attori e alle vecchie ricette. Il riavvio dell’attività economica e dell’occupazione passa necessariamente per l’applicazione di politiche alternative a quelle che ci si prospettano oggi. Ma, come ben esprime Sarcina nel suo editoriale a tratti « acido », dobbiamo rendere sempre più stringente e appunto « preciso » il lavoro per preparare l’alternativa e manifestare l’impegno radicale a smontare pezzo per pezzo, dall’approccio culturale fino alle misure prese queste ricette che hanno largamente dimostrato il loro fallimento ma che ostinatamente tornano, ricoperte dalla patina rispettabile dei tecnici. Una radicalità, s’intende, pronta a entrare nel merito e a trovare alleanze e convenrgenze laddove esse ci sono, tra gli industriali e gli operatori economici, gli amministratori, perfino i ministri. Proporre un’alternativa non vuole dire isolarsi, parlare solo fra noi e dire che se governassimo noi tutto andrebbe meglio (cosa vera, almeno spero). Ma cercare il consenso sulla base di proposte che si riescono a comunicare e portavoce credibili. Magari dentro il PD, SEL oltre che negli ecologisti e civici e nella altre varie liste che bollono in pentola. Un coordinamento forte di ecologisti, se manca la volontà di riunirci tutti in un forte partito verde é necessario e urgente, ormai lo dico da molto tempo, purtroppo in splendida quasi solitudine.

E lo dobbiamo fare nel quadro europeo. Non solo nazionale. Non é un caso che Hollande sia duro con i greci. Che la SPD o i socialisti olandesi che vinceranno forse le elezioni a settembre abbiano deciso di cavalcare l’onda dell’austerità solo per il sud spendaccione. In tutti questi paesi i Verdi sono forti. E sono gli unici che portano opzioni federaliste e di priorità alla transizione ecologica come chiave della ripresa, tema questo molto, troppo debole nella sinistra alternativa. I Verdi tedeschi sono a favore dell’allungamento dei termini per la Grecia, di modifiche del memorandum, I Verdi olandesi pagano con sondaggi non positivi il loro rifiuto di schierarsi sulla demagogia anti europea (ma molto pro-BCE) dei socialisti. I francesi sono al governo e discutono sull’impatto del loro voto sul fiscal compact sulla ripresa dell’iniziativa europea per una reale alternativa.

Noi, nella battaglia per il 2013 dobbiamo avere il 2014 in testa, con un programma ambizioso : l’Unione Europea cosi come l’Italia deve diventare il laboratorio di quelle trasformazioni che sono state solo accennate e che oggi subiscono il forte attacco dei settori tradizionali (rinnovabili, politiche urbane, nuovi esperimenti di produzione economica, innovazione). Le opzioni verdi e federaliste devono vincere non perché sono belle ma perché sono quelle che ci permettono di uscire in modo piu rapido ed efficace dalla crisi. Ci vuole un nuovo paradigma economico. Ci vuole una nuova integrazione europea, non fatta dalle « elite », ma abbracciata dalla maggioranza dei cittadini. Monti non ha torto quando dice che negli anni’50 un referendum sarebbe forse stato perduto. E Sarcina ha forse qualche ragione quando ritiene che il caso dell’ILVA dimostra che fra lavoro oggi esalute domani forse il primo vince. Ma il punto é proprio questo. Da qui ai prossimi due anni la nostra responsabilità é quella di contribuire a cambiare questa situazione. Per realizzare i nostri obiettivi, crescita verde, democrazia davvero partecipativa, solidarietà, riequilibrio della spesa pubblica verso criteri di sostenibilità, legalità, eccetera eccetera abbiamo bisogno del consenso. E di un quadro europeo dove i governi non decidono all’unanimità, ma a maggioranza. Dove é il parlamento europeo che guida la discussione pubblica e l’interesse dei cittadini europei, in stretto collegamento con i parlamenti nazionali e la società civile, certo, ma ognuno nel suo ambito di azione. In questo senso, Scalfari ha ragione. Qualcuno deve cominciare. La Merkel ha detto che ci vuole un nuovo Trattato. Monti dice che non é federalista e che é meglio non accettare la sfida dell’opinione pubblica. Noi dobbiamo porci in modo chiaro : una costituente per l’UE con chi ci sta. E le elezioni del 2013 e del 2014 come chiave di volta della trasformazione « verde » dell’Italia e dell’Europa.