L'EUROPA, LA SCONFITTA DI RENZI E LA NECESSITÀ DI SMANTELLARE IL FRONTE DEL NO E DEL SÌ
Questo voto non è pro o contro l'Unione europea. È un voto su una riforma costituzionale che Matteo Renzi ha erroneamente tentato di trasformare in un plebiscito sulla propria persona e sul proprio governo. Ha voluto giocare al populista, anche usando toni anti-europei, e ha perso, dividendo le forze a favore di un cambiamento del nostro sistema democratico ed economico.
Oggi le forze populiste e di destra in Italia sembrano più forti. Questo, però, non è inevitabile: la battaglia per rendere l'Italia pronta per il futuro e capace di cambiare davvero è ancora aperta. In particolare, rimane assolutamente cruciale il ruolo dell'Italia nel superare le politiche di austerità al livello europeo.
Oggi si vedrà da che parte sta nell'importante riunione dell'Eurogruppo sulla seconda revisione del programma di riforme economiche della Grecia: dovà decidere se seguire Schäuble, che parla di nuovo di uscita della Grecia dall'euro e non vuole concedere la ristrutturazione del debito greco, o cambiare strada. Con il voto di ieri, gli italiani confermano che la riforma costituzionale è importante, ma ci sono altre priorità per il paese e comunque quella proposta di Renzi è una riforma sbagliata.
La sostanziale incapacità di cambiare passo nelle politiche del lavoro al di là di occasionali mance e la continuità con le inefficaci scelte industriali ed energetiche di Berlusconi e Monti, la mancanza di una strategia europea che al di là dei proclami riesca a unire nuove maggioranze contro l'austerità e l'egoismo in tema di migranti, sono ulteriori fattori per spiegare la sconfitta di ieri. La battaglia sul referendum si è conclusa, i fronti non sono più quelli del Sì e del No a Renzi.
Così come dimostrato dagli austriaci con l'elezione di Alexander van der Bellen, anche in Italia esiste un solido fronte anti-populista e pro-europeo, sostenitore di un cambiamento reale. Renzi aveva già palesato questa sua miopia nel cogliere il bisogno e la spinta dell'elettorato verso un vero cambiamento già lo scorso aprile, quando 13 milioni di elettori si sono espressi contro le trivelle e per una politica energetica sostenibile.
Fra questi milioni ci sono senza dubbio persone che ieri hanno votato No e altre che hanno votato Sì: e sono proprio queste voci che dobbiamo ascoltare. Dobbiamo lavorare a una piattaforma politica, che deve partire dai temi di una reale trasformazione economica e sociale e del Green New Deal.
Queste voci che chiedono di cambiare sono insofferenti verso i toni violenti, discriminatori e anti-europei che bombardano i nostri dibattiti politici. Oggi dobbiamo ripartire. "Dobbiamo chi?" ci si chiederà. In questi giorni amici e meno amici che hanno votato Sì mi hanno addirittura accusata di comportamento "criminale" per aver votato No, "consegnando il paese a Grillo e Salvini".
Ecco, io penso che questo sia esattamente l'errore da non commettere. Pensare che Renzi e la sua smisurata ambizione siano l'unico argine al populismo italiano senza qualità (che non appartiene solo ai grillini) e l'unico bastione di buongoverno, mi sembra dimostrare di avere poca fiducia prima di tutto in se stessi. E non vedere la realtà di una figura dalle enormi potenzialità, ma anche dal grande cinismo e poca visione vera del paese.
Ora pare che la sua idea sia di portarci tutti a votare a febbraio e raccogliere il 40% o più dei voti, vincendo senza fare prigionieri e scegliendosi parlamentari fedeli con i voti anche di chi non lo è poi tanto, ma che di fronte all'alternativa Grillo/Berlusconi non avrebbe molti dubbi e sceglierebbe lui. Ancora una volta, un gioco di potere puro con al centro il grande Matteo.
Io penso invece che si dovrebbe usare questo anno per riparare alle più vistose mancanze di questo governo in materia economica e del lavoro, ma anche in capacità di dialogo e apertura verso una parte dell'opinione pubblica che è stata centrale nella sconfitta di domenica.
Lavoro, energia, industria, migrazione. Cambiando passo e uscendo dalla propaganda, riavvicinando davvero quei settori produttivi e sociali, dalle start-up ai numerosi operatori della Green Economy, a chi sta sul territorio cercando di combattere Salvini coi fatti, agli elettori anti-trivelle che aborrono le parole e i metodi dei Grillini e che sono tutt'altro che vecchia sinistra.
Sogno? Mi illudo pensando che il fronte del No né grillino né berlusconiano o leghista e del Sì possano unire le forze già in un nuovo governo, meno farfallone, ma più onesto ed efficace? Forse. Ma non arrendersi al declino è il primo passo per preparare il cambiamento.
Bruxelles, 6 Dicembre 2016