Quale politica verde tra Grillo, lo sfaldamento del Pd e il governissimo che verrà


Si è svolto il 22 aprile a Roma un incontro tra un gruppo di circa un centinaio  di “vecchi” e nuovi ecologisti, convocata insieme a Francesco Ferrante, Roberto Della Seta, Edo Ronchi, Gaetano Benedetto, Stefano Leoni,  Katia Bastioli e una decina d’altri.  Fra i “vecchi” (nel senso di “militanza”, s’intende!), qualche Verde che poi ha scelto altre strade, come appunto Edo Ronchi, Grazia Francescato, Gianni Mattioli, Massimo Scalia, Silvia Zamboni; il Presidente dei verdi Sole che Ride, Angelo Bonelli e Luana Zanella; qualche autorevole esponente associativo, come Vittorio Cogliati Dezza, Rossella Moroni,  Edoardo Zanchini, Fabio Renzi e tanti altri; e chi oggi “governa”, come Anna Donati, assessore a Napoli o ci aiuta a riflettere come Degli Espinosa o Aldo ; i “nuovi” sono un gruppetto di giovani e brillanti professionisti della “Green Economy”, coinvolti nel lavoro della Fondazione dello Sviluppo sostenibile di Edo Ronchi e di Symbola di Fabio Renzi ed Ermete Realacci , che ci hanno accompagnato in questa primo e molto preliminare incontro. Dopo tre ore di dibattito serrato, ci siamo dati un secondo appuntamento per il 28 giugno, a Roma, per un incontro pubblico più ampio, convocato sulla base di un manifesto che redigeremo nelle prossime settimane, con il contributo di tutti coloro che vi vogliono contribuire. Ecco qui il mio intervento, e il documento inviato per la convocazione Dalle tristissime vicende di questi giorni, il dato che emerge potentemente è la disconnessione fra ciò che una parte importante della società esprime (bisogna cambiare strada) e ciò che la politica sa fare (rimaniamo nell’ambito di ciò che conosciamo in termini di struttura e organizzazione dell’esercizio del potere)). Noi ecologisti abbiamo naturalmente l’ambizione di porci decisamente dalla parte del cambiamento e non della conservazione. Le priorità dell’ecologia politica in tempi di crisi sono le stesse per tutti noi, che operiamo in ambiti diversi – la politica, l’economia, la cultura- in Italia o in Europa: il cambiamento radicale dell’economia, del modo di lavorare, del modo di consumare e del modo di fare politica, sulla base della consapevolezza della scarsità delle risorse e la lotta ai cambiamenti climatici da un lato, e la necessità della riappropriazione delle decisioni da parte dei cittadini dall’altro. In questi anni c’è stato un reale sforzo di elaborazione politica ed economica da parte del mondo ambientalista in Europa: e oggi possiamo dire che ci sono proposte davvero realistiche, fattibili e adeguate per impostare un’uscita dalla crisi. C’è però – in Italia ma anche in Europa- un problema serio d’impatto reale di tutto questo movimento, economico, sociale, culturale sulle decisioni che contano e che sono sempre più accentrate in poche mani, nelle quali si mischiano in modo inestricabile interessi politici, finanziari, economici che vanno al di là degli schieramenti destra-sn e, chissà come mai, non scelgono quasi mai sostenibilità e il green new deal. Cambiare questa situazione è la sfida vera che abbiamo di fronte in Italia e in Europa. Questa non capacità di incidere sui poteri veri vale in questo momento anche per i movimenti sociali anche vasti. Internet e blog a parte, i “movimenti” e le associazioni, che sono attivi, scrivono, fanno proposte, sono presenti sul territorio, quelli che hanno animato in Italia il referendum sull’acqua e in parte quello sul nucleare, non sono ancora riusciti davvero a prospettare un’alternativa capace di raccogliere voti e consenso in modo determinante per influire sulle maggioranze elettorali o anche solo sul centro-sinistra. Anche Grillo, che da sempre è vicino a un ambientalismo “radicale” e localista, non ha vinto su temi che sono forti nella discussione e nella pratica associativa ma assenti dal dibattito politico (ambiente, economia alternativa, integrazione dei nuovi cittadini, diritti, esempi positivi di governo locale e di partecipazione cittadina); e cosi oggi a noi rimane l’enorme frustrazione di vedere una strada concreta e potenzialmente “rivoluzionaria” di uscita dalla crisi completamente esclusa dalla discussione. E non penso che questa situazione cambierà presto. La preoccupazione è che l’arrivo di un nuovo governo pseudo-tecnico di “grosse Koalition”, lasci di nuovo senza voce né rappresentanza quella miriade di realtà che concretamente stanno trovando soluzioni sostenibili alla crisi e che potrebbero dare un contributo importante nella definizione di un’Italia di nuovi lavori e prospettive. Che fare allora? Penso che sia arrivato il momento di tornare ad essere visibili ed identificabili, come ambientalisti in politica, senza perdere tempo nel dilemma partito si o no e senza timore di mischiare politica e associazionismo, almeno in una prima urgente fase di riaggregazione. Tutti partiamo da un fondo comune di lavoro e vicinanza definito e sulle proposte concrete, al di là dei conflitti che alcuni di noi hanno vissuto in anni più o meno recenti.  (Purtroppo tutte o quasi le formazioni ambientaliste europee condividono un alto tasso di litigiosità interna).  A prescindere dalla collocazione individuale, sappiamo tutti che ci sono opzioni semplici e relativamente non costose che si potrebbero fare: eppure ci ritroviamo ancora con le trivellazioni di petrolio, i tunnel nelle Alpi e perfino gli F35 presentate come soluzioni di sviluppo economico. Contro questa arretratezza, che è anche segno del potere delle lobbies - che avranno vita facilissima con il nuovo “governo” che ci aspetta-  dobbiamo rapidamente attrezzarci. Dobbiamo puntare a rendere visibile e fortemente propositiva una rete di persone che lavorano sui temi della riconversione ecologica ma anche dei diritti civili, del federalismo europeo ecc.. composta  da soggetti che accettano il gioco della politica e partecipano alla ricomposizione del quadro lacerato del centro-sinistra, con delle proposte forti e una voglia di protagonismo chiaro. E questo senza subito uscire dal proprio luogo di azione, ma preparandosi a farlo se questo sarà giudicato necessario. Per cominciare, dobbiamo redigere un testo con pochi punti molto concreti e chiari, da presentare  in un appuntamento pubblico e ben preparato prima dell’estate. Un appuntamento, naturalmente, che non può coinvolgere solo noi che ci troviamo qui oggi e che siamo per la maggior parte esponenti  un po’ “attempati” e in alcuni casi anche un po’ provati da molteplici sconfitte. In questa fase, insomma, m’interessa poco il contenitore. E’ invece assolutamente necessario decidersi a fare pesare intorno a proposte condivise questo vasto mondo di ambientalisti, libertari, operatori sociali e della cultura che politici e media del “main- stream” considerano ancora minoritario, ma che ha molto da dire e da fare. Vedo tre punti da portare avanti, che possono articolarsi in una proposta “europea” ed italiana allo stesso tempo.
  1. Quali scelte sono necessarie per migliorare le prospettive di occupazione e di ripresa dell’attività economica; come risanare il bilancio dello stato e quali le priorità di spesa, con particolare attenzione alle scelte sui “cantieri utili” e contro le infrastrutture dannose, al trasporto pubblico, all’agricoltura sostenibile, dell’energia, alla scuola e al patrimonio culturale.
  2. Battere populismo e astensionismo: le riforme della politica necessarie per ridare fiducia ai cittadini elettori:  il finanziamento dei partiti; gli strumenti di democrazia diretta; i metodi per la scelta dei candidati/e alle elezioni europee del 2014  ma anche italiane di chissà quando.
  3. Quale Europa politica: cambiare le politiche cambiando le maggioranze che oggi governano a Bruxelles è indispensabile, ma si vince anche rilanciando un processo di riforma costituzionale della UE, in vista delle prossime elezioni del 2014.