L'EUTANASIA IN ITALIA: UN TABÙ NON INVINCIBILE
In collaborazione con Carlo Caldarini
Strano paese l'Italia. È strano come funzionino i suoi mezzi d'informazione. Se ci vivi dentro da sempre, alla fine ti abitui e non ci fai più caso. Ma se per fortuna o per necessità vivi in un altro paese d'Europa e continui malgrado tutto a osservare il tuo paese d'origine, seppur da lontano, magari facendo paragoni con altre culture giornalistiche, allora è tutta un'altra cosa.
Stiamo parlando del
caso di eutanasia su un minore, verificatosi in questi giorni in Belgio e reso noto la notte tra venerdì 16 e sabato 17 settembre dal quotidiano fiammingo Het Nieuwsblad. Ora che il fuoco delle polemiche si è spento vale forse la pena di tornarci con calma, senza naturalmente dimenticare le cose davvero incredibili che abbiamo letto: da Alberto Gambino, presidente dell'associazione cattolica Scienza e Vita, secondo cui
in Belgio è stato attribuito a un adulto il potere di vita e di morte su un bambino, a Lorenzo Cesa che dice che l'
egoismo dei genitori ha portato all'uccisione del figlio, al cardinale Elio Sgreccia per cui in Belgio è stato commesso
un omicidio, all'ex ministro Maurizio Lupi secondo cui
in Belgio è tornato Erode.
Alcuni organi d'informazione hanno orribilmente associato alla notizia la foto di un neonato. E già, perché in Belgio, come è noto, i genitori mettono al mondo bambini e poi li portano subito all'ospedale per farli abbattere. Ma cosa sappiamo? Voglio dire, cosa sta accadendo davvero in Belgio? Per rispondere meglio a questa domanda vediamo, molto velocemente, cosa succede in Europa e nel resto del mondo.
Al momento in Europa l'eutanasia attiva è autorizzata soltanto nei paesi del
Benelux e sempre sotto condizioni strettamente definite dalla legge.
Stiamo parlando di eutanasia in senso stretto, non di arresto delle cure. In pratica, in caso di malattia incurabile o di sofferenza insopportabile (e solo in questi casi), un medico può somministrare dei medicinali mortali ad un paziente che ne abbia fatto richiesta esplicita e in piena coscienza. In questo modo lo Stato protegge e garantisce giuridicamente il lavoro dei medici, tenuti a rispettare minuziosamente i criteri dettati dalla legge.
La prima legge al mondo ad aver legalizzato l'eutanasia è quella dei
Paesi Bassi(2001). In seguito è stata la volta del Belgio (2002). In Lussemburgo l'eutanasia è legale dal 2009.
In Spagna l'eutanasia passiva e l'assistenza al suicidio sono state depenalizzate nel 1995. In Finlandia, in Ungheria e in Repubblica Ceca la sola eutanasia passiva è legale. In altri paesi come Francia, Danimarca, Regno Unito, Germania, Portogallo e Slovacchia, l'eutanasia passiva è proibita in linea di principio, ma ammessa o tollerata di fatto in alcuni casi.
Paesi Bassi, Belgio e Spagna prevedono anche una "domanda anticipata d'eutanasia", una domanda, cioè, che chiunque può formulare e formalizzare quando ancora cosciente, a prevenzione di un evento come il coma che priverebbe la persona della sua capacità di discernimento. Paesi Bassi e Belgio sono gli unici paesi al mondo ad aver autorizzato l'eutanasia dei minori, con condizioni e limiti differenti.
In Svizzera il suicidio assistito non è considerato neanche come un atto medico e può essere quindi praticato da qualsiasi persona, purché questa non ricavi alcun vantaggio dalla morte dell'altra. In tutti i Paesi che hanno legalizzato l'eutanasia attiva, o il suicidio assistito, la domanda del paziente deve essere volontaria, consapevole, informata e persistente nel tempo.
Nei Paesi Bassi, in seguito a una campagna lanciata dall'associazione nazionale dei pediatri in favore del diritto dei minori a una buona morte, l'eutanasia può essere praticata con il consenso dei genitori anche su un minore di almeno 12 anni e all'età di 16 anni, a condizione che i genitori siano stati perlomeno "associati" alla domanda di eutanasia.
Rimangono ovviamente le condizioni di malattia incurabile o di sofferenza insopportabile e tutto il protocollo medico previsto già per gli adulti, primo fra tutti l'obbligo di assicurarsi che il paziente sia capace di valutare pienamente e opportunamente i propri interessi. Dal 2002 ad oggi la Commissione nazionale che nei Paesi Bassi vigila - caso per caso - sulla corretta applicazione della legge, ha registrato 5 casi di eutanasia su minori, di cui tre di 17 anni, uno di 16 e uno di 12. Anche quando non obbligatorio, ognuna di queste decisioni è stata presa con il consenso esplicito e motivato dei genitori, che erano quindi d'accordo con la decisione del loro figlio e con il parere dei medici.
In Belgio l'eutanasia è stata estesa nel 2014 anche ai minori. In entrambi i casi essa è intesa come diritto di ogni malato a fare le proprie scelte in materia di vita e di morte, nel rispetto stretto delle condizioni dettate dalla legge. Dette scelte possono essere espresse e formalizzate sotto forma di "dichiarazione anticipata di volontà", utilizzando un apposito formulario e in presenza di due testimoni. La dichiarazione può essere adattata o annullata in qualsiasi momento e ha una validità massima di cinque anni (deve essere quindi reiterata almeno ogni 5 anni).
Al di fuori di questa procedura, un'eutanasia può essere praticata soltanto se richiesta espressamente, nel caso in cui il paziente sia in grado di esprimere, motivare e confermare la propria volontà di morire nel pieno delle proprie facoltà di discernimento.
Un'eutanasia può dunque essere praticata in Belgio soltanto in presenza di precise condizioni, tra le quali il fatto che il paziente si trovi in una situazione "senza vie d'uscita e che la sua sofferenza, fisica o psichica, è costante, insopportabile e irriducibile". Se si tratta di un minorenne, uno psicologo o un pedopsichiatra verifica la capacità di decisione del paziente. La legge belga si fonda inoltre su un diritto "alla domanda di eutanasia" e non necessariamente alla sua messa in pratica: spetta ossia al paziente trovare un medico che accetti la sua domanda.
E, prima di soddisfarla, questi deve informare il paziente del suo stato di salute e della sua speranza di vita, valutare con il paziente ogni possibile terapia e giungere con lui alla conclusione che, date le sue condizioni di salute, non esiste un'altra soluzione ragionevole; il medico deve poi assicurarsi che la sofferenza del paziente sia effettivamente persistente e che la sua richiesta di morte sia ripetuta. Deve inoltre chiedere il parere di un altro medico e di uno specialista o psichiatra se il decesso non fosse prevedibile in breve tempo.
La responsabilità del medico viene infine formalizzata nel cosiddetto "atto di eutanasia". In caso di irregolarità, la Commissione di controllo e di valutazione (che verifica ogni eutanasia) può chiedere l'intervento della magistratura.
Nessuna irregolarità è stata riscontrata in 14 anni di applicazione della legge. Il numero di eutanasie dichiarate cresce di anno in anno: 953 nel 2010, 1807 nel 2013 e 2021 nel 2015. Essendo la popolazione belga formalmente divisa su base linguistica, il fatto che l'80% delle eutanasie siano state scritte in olandese e solo 20% in francese è significativo di differenze culturali e sociali che vanno oltre gli aspetti puramente linguistici. Nel 75% dei casi i pazienti avevano più di 60 anni e ad oggi il solo caso di minorenne è quello che ha destato tanto scalpore nelle scorse settimane.
Anche l'iter di adozione della legge nel 2014, quando la legge sull'eutanasia dei minori fu approvata in Belgio, è indicativo della capacità della società belga di affrontare con calma e rispetto delle posizioni di tutti, delle questioni così difficili e controverse: la stessa gerarchia e mondo cattolico non ha certamente festeggiato ma non ha neanche incitato alla rivolta o lanciato anatemi.
Senato e Parlamento hanno votato a larga maggioranza; i cristiano-sociali e perfino l'estrema destra, pur non avendo votato a favore, non hanno fatto nulla per bloccare l'iter legislativo. E se i rappresentanti delle principali dottrine monoteiste erano contrari, l'unione buddista si era pronunciata apertamente in favore, poiché "quando non vi è più alcuna possibilità di ridurre la sofferenza, l'eutanasia può essere la sola scelta sensata" (Koen Vermeulen, Segretario generale dell'Unione Buddista Belga).
Torniamo quindi al modo in cui la stampa italiana ha trattato il caso del minore che ha richiesto e ottenuto un'eutanasia in Belgio. Innanzitutto, la persona in questione aveva 17 anni. Era un malato terminale, che sarebbe quindi comunque morto di lì a poco, vittima di una costante, insopportabile, incurabile e irriducibile sofferenza. Non si è trattato poi del primo minore al mondo. Nei Paesi Bassi, come abbiamo visto, già 5 minorenni avevano chiesto e ottenuto un'eutanasia legale.
Alla decisione - presa a rigore di legge con consapevolezza e coscienza dal minore - è stata associata la famiglia e tutta l'équipe medica che aveva in cura il paziente.
Noi viviamo in Belgio: se ci dovessimo trovare nella stessa situazione di quei genitori, se nostro figlio o figlia dovessero ammalarsi gravemente e dovesse per questo soffrire in modo costante, insopportabile, incurabile e irriducibile, se questo figlio o figlia, nel pieno possesso delle sue facoltà, chiedesse al suo medico e ai suoi genitori di aiutarlo/a a morire con dignità, qualche giorno prima della morte naturale, con minor sofferenza e in un momento e in un luogo di sua scelta, circondato dalle persone che ama, piuttosto che essere strappato ai suoi da una morte dolorosa e imprevedibile, perché dovremmo negargli o negarle questo diritto?
Insomma, non si è trattato di scegliere fra vita e morte. Ma fra una morte più o meno dignitosa e una dolorosa. E non c'è stato alcuno "shock" nella società belga a questo annuncio. Ma solo molta compassione. La stessa che, anche in Italia, dovrebbe accompagnare una discussione che diventa sempre più urgente, basata sui fatti e non su una cupa ideologia che ci impone le "vita" a tutti i costi, anche quando noi stessi pensiamo che non sia più vita.
Bruxelles, 11 November 2016