“Le scelte miopi sul bilancio comunitario disfanno l’Europa”


Il risultato del vertice dell’Unione Europa sul bilancio comunitario e il comportamento conformista assunto dal premier italiano Mario Monti non convincono Monica Frassoni, capolista in Lombardia per il Senato per SEL, che afferma: «Continua la politica sbagliata dei tagli proprio in quei settori che più servono: educazione, ambiente, innovazione e ricerca. Si mantengono invece i 2 miliardi di euro per il progetto ITER, riguardante la fusione nucleare che resta un sogno irrealizzabile e soprattutto non prioritario.Mario Monti torna a casa con 500 milioni di euro in più e con qualche risultato sulla PAC (politica agricola comune) e i fondi di coesione. Non è un grande successo perché non s’interviene sulla qualità di questi fondi e comunque resta lo squilibrio a favore dei Paesi ricchi e “egoisti”. Invece si sarebbe potuto tentare, pure cercando convergenze con altri Paesi e anche con un veto, di denunciare in modo netto l’assoluta inadeguatezza di questo modo di “dis-fare” l'Europa. Si stanno facendo delle scelte davvero molto miopi». «Il ragionamento della necessità di attuare una riduzione a causa del periodo difficile é assurdo applicato al bilancio UE. ­­ spiega Frassoni ­ Il 94% dei soldi torna agli Stati membri: il bilancio UE non é in deficit e non ha bisogno di essere tagliato. Anzi, potrebbe essere utilizzato al meglio, per rilanciare in modo più efficace progetti di sviluppo che possano indirizzare l'economia e produrre occupazione magari in settori innovativi come quello della green economy. Invece, per la prima volta, il bilancio comunitario viene ridotto rispetto al periodo precedente ritornando al livello degli Anni Ottanta. Si tratta di 960 miliardi di euro in 7 anni: meno 86,6 mld di euro rispetto alla proposta della Commissione e meno 69,4 mld rispetto alle prospettive finanziarie attuali.Siamo dunque sempre intorno all'1% del PIL europeo. Un'inezia, se confrontato al 17% del bilancio federale americano. È chiaro il messaggio di una consistente parte degli Stati membri: non ci serve un’Europa solidale ed efficace per uscire dalla crisi. E anche coloro che sanno perfettamente che questo é un grave errore, non hanno saputo o voluto trovare la possibilità di un accordo più alto; anche a causa della micidiale procedura di decisione che impone un consenso unanime o un nulla di fatto. La Gran Bretagna, seguita a ruota dai Paesi Scandinavi ha avuto come al solito un ruolo devastante, reso ancora più efficace dalla presidenza Van Rompuy, mai davvero in grado di imporre le ragioni dell'Europa su quella degli egoismi nazionali». «Sarebbe stato necessario varare un vero e proprio “piano per lo sviluppo” di una nuova economia basata sul risparmio di risorse e l'efficienza, per l'occupazione, ricerca e innovazione. ­ aggiunge Monica Frassoni ­ - Un piano questo che non si può fare a livello nazionale ma ha bisogno di un'area vasta di applicazione per potere davvero cambiare le cose. Dal vertice UE esce anche un altro segnale importante. I progetti per le grandi infrastrutture, soprattutto di trasporto, perdono il 48% dei fondi previsti dalla proposta della Commissione. È dunque chiaro adesso che il finanziamento di grandi e inutili opere, come la linea “Torino ­ Lione”, dovranno essere seriamente riconsiderati: il progetto potrebbe essere rivisto rinunciando al tunnel e presentandone un altro di rimessa a nuovo della linea esistente e di valorizzazione dei nodi di Torino e Lione. Altro elemento rilevante e potenzialmente positivo é la conferma della destinazione di almeno il 20% dell'impegno complessivo a favore dell'azione climatica e per il sostegno alla transizione verso una "low- carbon economy", in modo da rafforzare la competitività europea e creare nuovi posti di lavoro, grazie allo sviluppo della green economy. Ovviamente, sarà necessario sventare gli attacchi di coloro che includono in questa voce il nucleare, il carbone pulito, incentivi ai fossili e a settori che non hanno nulla di green». «Adesso la parola passa ora al Parlamento Europeo, che ha già minacciato per bocca del suo presidente di non poter approvare un tale bilancio. –conclude Frassoni – È infatti evidente che, nell’interesse dei cittadini, è preferibile, a un accordo per i prossimi sette anni penalizzante per le politiche europee, un bilancio annuale nel quale il PE possa pesare in modo più determinante. L’augurio è che questa volta il PE tenga duro, perché ha davvero la possibilità di potere dare un altro contenuto a questo magro bilancio comunitario. È davvero essenziale inoltre che, come richiesto dal PE, questi numeri non rimangano immutabili per i prossimi 7 anni, ma che ci sia la possibilità di una revisione nel 2015, ossia quando, dopo le elezioni europee del 2014, si spera che le maggioranze politiche e la situazione economica saranno ben diverse».