Le cento piazze d'Europa: niente illusioni il cambiamento in Italia non basta


LE CENTO PIAZZE D’EUROPA Mentre in Italia infuria la polemica su chi governerà e quando, con i ridicoli inseguimenti del bus dei Grillini, le discussioni nel PD su chi fa in fretta e chi rallenta, su come e se Berlusconi si salverà dai suoi processi, e se si può o no fare un accordo di governo (suicida) con il Caimano, ci sono tre eventi “europei” importanti che meritano tutta la nostra attenzione. Innanzitutto, le conseguenze del modo dilettantesco e devastante di come l’Eurogruppo –ma nella percezione pubblica, la UE nel suo insieme- si è occupato del “salvataggio” di Cipro. E non tanto perché l’idea di intervenire sui depositi in un paradiso fiscale con un sistema finanziario sovradimensionato e un luogo di traffici poco chiari come Cipro sia di per sé un errore: anzi. Ma perfino una mossa in fondo positiva, in particolare per quanto riguarda la garanzia dei depositi sotto i 100.000 euro, e la risistemazione del sistema bancario, (mentre rimangono serissimi dubbi sulla sostenibilità di lungo periodo del debito pubblico cipriota e c’è il fondato rischio di finire in un circolo vizioso, recessione-aumento del debito come in Grecia) si è trasformata in una débâcle politica, che ha dato l’impressione ai cittadini europei dei paesi in crisi che l’UE è ancora una volta una specie di cerbero senza cuore e a quelli dei paesi più ricchi che ancora una volta era necessario mettere mano al portafoglio per i fannulloni del Sud. In secondo luogo, lo scandalo del ministro Carzhuac e le “scoperte” di patrimoni nascosti o dormienti alle Cayman, ci dicono che non si può più perdere tempo sul tema della regolamentazione del sistema finanziario e lo smantellamento dei paradisi fiscali e che se non ci si è riusciti fino ad oggi questo ha dei precisi nomi e cognomi, la maggioranza conservatrice al Parlamento Europeo e alla Commissione e l’insofferenza crescente a tutto quello che sa di regole europee dei governi nazionali guarda caso anche loro quasi tutti conservatori. Anche in vista delle prossime elezioni europee, che avranno ben altra rilevanza che elezioni passate per decidere il futuro dell’UE, è molto importante che si consideri questa realtà con una certa chiarezza. Perché anche se è vero che è dal 2008 che il PE, a dispetto della sua maggioranza conservatrice, chiede nuove regole stringenti sulle banche e la limitazione netta attraverso un modo meno spregiudicato di mescolare speculazione e credito all’economia, della “libertà” del sistema finanziario, ci si è riusciti solo in parte e si è perso molto tempo. Anche perché la discussione si è attestata su dei tecnicismi veramente tremendi, che non sono riusciti, se non in casi molto rari come la questione  del bonus ai banchieri, a toccare l’opinione pubblica; la quale oggi è convinta, di fronte al moltiplicarsi dei vari “leaks” finanziari, ai ripetuti salvataggi delle banche, allo scandalo dei soldi dati alle banche all’1% di fronte alla difficoltà di ottenere credito, o di trovarsi di fronte a dei cattivoni corrotti (come il ministro francese) o ad una situazione di impossibile soluzione senza una bella rivoluzione, dall’uscita dell’euro in giù. Insomma, è tempo di rendersi davvero conto che non è una generica UE matrigna che frena passi avanti contro evasori e banchieri e su tutto quello che può aiutare i paesi in crisi a uscirne, ma ben precise forze politiche, (il blocco del PPE, i liberali e gli euroscettici di ogni provenienza) oltre ad alcuni Stati membri (Germania, Finlandia, Olanda, Austria, UK, Lussemburgo in testa).   Questo tema (chi decide cosa e perché) è legato alla terza notizia, e cioè l’annuncio che il Presidente della Commissione Barroso potrebbe ricandidarsi per la terza volta. Lo ha annunciato a Vienna. Ora, è evidente, che questa evenienza sarebbe una vera iattura per l’UE: Barroso sta dove sta perché la maggior parte dei governi nazionali (conservatori) non hanno voluto una Presidenza forte, ma solo un debole e opportunista capo del loro Segretariato, sprovvisto di idee e di volontà per fare giocare alla Commissione quel ruolo di avanguardia e difesa dell’interesse europeo definito dal Trattato di Roma, e rendendola invece debole con i forti, arrogante con i deboli: trasformandola in una parola nel simbolo dell’EU che non vogliamo; riuscendo anche nell’intento di demotivare –quando non umiliare- i suoi stessi funzionari, mettendo in esecuzione il piano della distruzione sistematica di una funzione pubblica europea competente, imparziale  e snella, a vantaggio di una sempre maggiore occupazione da parte delle amministrazioni degli stati membri e di oscuri burocrati piazzati in posti chiave, dal servizio esterno alle direzioni economiche e finanziarie; lontanissimi da quei giovani e meno giovani pieni di entusiasmo europeista, che ancora incrocio qui a Bruxelles, ma che sono sempre più demotivati quando non marginalizzati. Una Commissione ideologicamente spostata a destra, che sta diventando con Olli Rehn l’ultimo baluardo della difesa a oltranza e cieca dell’austerità a tutti i costi e perde ogni giorno in legittimità e sostegno pubblico; una Commissione che non sa più difendere neanche le sue iniziative positive, dalla proposta di nuova Politica agricola comune del Commissario Ciolos, che appare oggi come il pesce del vecchio e il mare, una lisca sbranata dagli squali. O come la bozza di bilancio pluriannuale, che audacemente proponeva un aumento e una ridefinizione delle spese in parte positiva, e che è stata subito abbandonata quando qualche settimana fa gli stati membri hanno proposto addirittura un taglio di decine di miliardi di euro riducendo per la prima volta nella storia della UE il bilancio EU ed  esponendolo al rischio di deficit. Neppure il rifiuto del PE di accettare una simile proposta inutilmente recessiva ed economicamente controproducente ha convinto la Commissione di scendere in campo e dare battaglia. Questi tre eventi ci impongono di agire, a noi che da anni ci battiamo per una finanza, un’economia e una società diversa e pensiamo che l’unico modo di battere l’euroscetticismo sia di riportare l’UE a fare cose utili e ad essere percepita dai suoi cittadini come parte della soluzione e non del problema; nelle nostre riflessioni su come cambiare l’Italia e uscire dall’appiccicosa impasse nella quale ci troviamo,  dobbiamo integrare il fatto che la crisi finanziaria, le evasioni fiscali eccellenti, chi comanda in Europa, dall’incompetente neo-presidente dell’Eurogruppo, alla Merkel, al cinico Barroso, non sono fenomeni casuali ed immutabili; esattamente come pensiamo che sia possibile e urgente uscire dallo stallo in Italia attraverso una mobilitazione di “cento piazze”, come ci suggerisce Giulio Marcon[1], cosi dobbiamo fare anche in Europa.  Le proposte per riformare radicalmente l’UE esistono. Dalla fine dei paradisi fiscali, come ben spiegato dal ministro verde francese Pascal Canfin[2] e da Andrea Baranes della rete Sbilanciamoci[3], alla riforma del sistema finanziario, con le proposte approvate e/o in discussione a livello UE[4], all’introduzione della Tassa sulle transazioni finanziarie, per la quale perfino la Commissione Barroso è oggi un alleato; a un nuovo bilancio UE, non di sterile austerità ma di appoggio a investimenti nella green economy e nelle tecnologie innovative o nei servizi alle persone. E’ necessario legare strettamente questi grandi temi alla battaglia sul governo in Italia e a quella su “un’altra Unione” in Europa. Perché, come ormai appare chiaro a chi sappia vedere al di là delle alchimie dei palazzi romani, si salva l’Italia solo se si cambia “rotta” in Europa. Ci sono perciò due cose da fare subito: sostenere con una campagna di movimento e di opinione pubblica il Parlamento europeo nel suo sforzo di respingere il bilancio comunitario e trovare un accordo al “rialzo” con gli stati membri; preparare la prossima campagna elettorale del 2014, a partire dalla definizione dei candidati/e alla Presidenza della Commissione europea come una vera campagna europea, su programmi e candidati e non su futili e sterili slogan come euro-si/no o dibattiti esclusivamente nazionali sui rapporti di forza fra questo e quel partito, come è stato finora. I partiti europei si stanno attrezzando su questo: i Verdi stanno pensando ad esempio a primarie “on-line” su scala europea e sulla scia di quello che hanno già fatto i verdi francesi e tedeschi per definire i loro candidati “presidenziali” per le loro rispettive elezioni, che si sono saldate con una grande partecipazione di militanti e simpatizzanti. Vedremo cosi se la sfida di “europeizzare” le prossime elezioni potrà contribuire in modo decisivo a portare gli europei di nuovo in piazza per un’Europa diversa e soprattutto a un cambio radicale delle politiche esistenti.   Bruxelles, 7 aprile 2013


[1] http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/alter/Cento-piazze-per-cambiare-rotta-17557
[2]http://www.liberation.fr/politiques/2013/04/05/pascal-canfin-les-paradis-fiscaux-sont-une-menace-pour-la-democratie_893909
[3] http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/capitali/Se-la-Troika-ascoltasse-la-Troika-17517
[4][4] Al di là di Cipro, l'intera UE deve accelerare in vista di una vera e propria unione monetaria. A breve termine, questo richiederà il completamento della Union Banking integrando il meccanismo unico di vigilanza con un unico meccanismo di solvenza bancaria e un unico sistema di garanzia dei depositi. Altre misure sono poi urgenti,  meccanismi comuni contro evasione fiscale e il riciclaggio di denaro devono essere urgentemente rafforzati in modo da eliminare gli incentivi per mantenere “paradisi fiscali” dentro la UE e il permanere della competizione fiscale. A medio termine, è necessario insistere su strumenti per la mutualizzazione graduale del debito sovrano e un processo di convergenza delle politiche, mettendo tutti gli obiettive del programma Europa 2020 sullo stesso piano.  
nnanzitutto, le conseguenze del modo dilettantesco e devastante di come l’Eurogruppo –ma nella percezione pubblica, la UE nel suo insieme- si è occupato del “salvataggio” di Cipro. E non tanto perché l’idea di intervenire sui depositi in un paradiso fiscale con un sistema finanziario sovradimensionato e un luogo di traffici poco chiari come Cipro sia di per sé un errore: anzi. Perfino una mossa in fondo positiva, in particolare per quanto riguarda la garanzia dei depositi sotto i 100.000 euro, e la risistemazione del sistema bancario, (mentre rimangono serissimi dubbi sulla sostenibilità di lungo periodo del debito pubblico cipriota e c’è il fondato rischio di finire in un circolo vizioso, recessione-aumento del debito come in Grecia) si è trasformata in una débâcle politica, che ha dato l’impressione ai cittadini europei dei paesi in crisi che l’UE è ancora una volta una specie di cerbero senza cuore e a quelli dei paesi più ricchi che ancora una volta era necessario mettere mano al portafoglio per i fannulloni del Sud. In secondo luogo, lo scandalo del ministro Cahuzac e le “scoperte” di patrimoni nascosti o dormienti alle Cayman, ci dicono che non si può più perdere tempo sul tema della regolamentazione del sistema finanziario e lo smantellamento dei paradisi fiscali e che se non ci si è riusciti fino ad oggi questo ha dei precisi nomi e cognomi, la maggioranza conservatrice al Parlamento Europeo e alla Commissione e l’insofferenza crescente a tutto quello che sa di regole europee dei governi nazionali guarda caso anche loro quasi tutti conservatori. Anche in vista delle prossime elezioni europee, che avranno ben altra rilevanza che elezioni passate per decidere il futuro dell’UE, è molto importante che si consideri questa realtà con una certa chiarezza. Perché anche se è vero che è dal 2008 che il PE, a dispetto della sua maggioranza conservatrice, chiede nuove regole stringenti sulle banche e la limitazione netta attraverso un modo meno spregiudicato di mescolare speculazione e credito all’economia, della “libertà” del sistema finanziario, ci si è riusciti solo in parte e si è perso molto tempo. Anche perché la discussione si è attestata su dei tecnicismi veramente tremendi, che non sono riusciti, se non in casi molto rari come la questione  del bonus ai banchieri, a toccare l’opinione pubblica; la quale oggi è convinta, di fronte al moltiplicarsi dei vari “leaks” finanziari, ai ripetuti salvataggi delle banche, allo scandalo dei soldi dati alle banche all’1% di fronte alla difficoltà di ottenere credito, o di trovarsi di fronte a dei cattivoni corrotti (come il ministro francese) o ad una situazione di impossibile soluzione senza una bella rivoluzione, dall’uscita dell’euro in giù. Insomma, è tempo di rendersi davvero conto che non è una generica UE matrigna che frena passi avanti contro evasori e banchieri e su tutto quello che può aiutare i paesi in crisi a uscirne, ma ben precise forze politiche, (il blocco del PPE, i liberali e gli euroscettici di ogni provenienza) oltre ad alcuni Stati membri (Germania, Finlandia, Olanda, Austria, UK, Lussemburgo in testa).   Questo tema (chi decide cosa e perché) è legato alla terza notizia, e cioè l’annuncio che il Presidente della Commissione Barroso potrebbe ricandidarsi per la terza volta. Lo ha annunciato a Vienna. Ora, è evidente, che questa evenienza sarebbe una vera iattura per l’UE: Barroso sta dove sta perché la maggior parte dei governi nazionali (conservatori) non hanno voluto una Presidenza forte, ma solo un debole e opportunista capo del loro Segretariato, sprovvisto di idee e di volontà per fare giocare alla Commissione quel ruolo di avanguardia e difesa dell’interesse europeo definito dal Trattato di Roma, e rendendola invece debole con i forti, arrogante con i deboli: trasformandola in una parola nel simbolo dell’EU che non vogliamo; riuscendo anche nell’intento di demotivare –quando non umiliare- i suoi stessi funzionari, mettendo in esecuzione il piano della distruzione sistematica di una funzione pubblica europea competente, imparziale  e snella, a vantaggio di una sempre maggiore occupazione da parte delle amministrazioni degli stati membri e di oscuri burocrati piazzati in posti chiave, dal servizio esterno alle direzioni economiche e finanziarie; lontanissimi da quei giovani e meno giovani pieni di entusiasmo europeista, che ancora incrocio qui a Bruxelles, ma che sono sempre più demotivati quando non marginalizzati. Una Commissione ideologicamente spostata a destra, che sta diventando con Olli Rehn l’ultimo baluardo della difesa a oltranza e cieca dell’austerità a tutti i costi e perde ogni giorno in legittimità e sostegno pubblico; una Commissione che non sa più difendere neanche le sue iniziative positive, dalla proposta di nuova Politica agricola comune del Commissario Ciolos, che appare oggi come il pesce del vecchio e il mare, una lisca sbranata dagli squali. O come la bozza di bilancio pluriannuale, che audacemente proponeva un aumento e una ridefinizione delle spese in parte positiva, e che è stata subito abbandonata quando qualche settimana fa gli stati membri hanno proposto addirittura un taglio di decine di miliardi di euro riducendo per la prima volta nella storia della UE il bilancio EU ed  esponendolo al rischio di deficit. Neppure il rifiuto del PE di accettare una simile proposta inutilmente recessiva ed economicamente controproducente ha convinto la Commissione di scendere in campo e dare battaglia. Questi tre eventi ci impongono di agire, a noi che da anni ci battiamo per una finanza, un’economia e una società diversa e pensiamo che l’unico modo di battere l’euroscetticismo sia di riportare l’UE a fare cose utili e ad essere percepita dai suoi cittadini come parte della soluzione e non del problema; nelle nostre riflessioni su come cambiare l’Italia e uscire dall’appiccicosa impasse nella quale ci troviamo,  dobbiamo integrare il fatto che la crisi finanziaria, le evasioni fiscali eccellenti, chi comanda in Europa, dall’incompetente neo-presidente dell’Eurogruppo, alla Merkel, al cinico Barroso, non sono fenomeni casuali ed immutabili; esattamente come pensiamo che sia possibile e urgente uscire dallo stallo in Italia attraverso una mobilitazione di “cento piazze”, come ci suggerisce Giulio Marcon[1], cosi dobbiamo fare anche in Europa.  Le proposte per riformare radicalmente l’UE esistono. Dalla fine dei paradisi fiscali, come ben spiegato dal ministro verde francese Pascal Canfin[2] e da Andrea Baranes della rete Sbilanciamoci[3], alla riforma del sistema finanziario, con le proposte approvate e/o in discussione a livello UE[4], all’introduzione della Tassa sulle transazioni finanziarie, per la quale perfino la Commissione Barroso è oggi un alleato; a un nuovo bilancio UE, non di sterile austerità ma di appoggio a investimenti nella green economy e nelle tecnologie innovative o nei servizi alle persone. E’ necessario legare strettamente questi grandi temi alla battaglia sul governo in Italia e a quella su “un’altra Unione” in Europa. Perché, come ormai appare chiaro a chi sappia vedere al di là delle alchimie dei palazzi romani, si salva l’Italia solo se si cambia “rotta” in Europa. Ci sono perciò due cose da fare subito: sostenere con una campagna di movimento e di opinione pubblica il Parlamento europeo nel suo sforzo di respingere il bilancio comunitario e trovare un accordo al “rialzo” con gli stati membri; preparare la prossima campagna elettorale del 2014, a partire dalla definizione dei candidati/e alla Presidenza della Commissione europea come una vera campagna europea, su programmi e candidati e non su futili e sterili slogan come euro-si/no o dibattiti esclusivamente nazionali sui rapporti di forza fra questo e quel partito, come è stato finora. I partiti europei si stanno attrezzando su questo: i Verdi stanno pensando ad esempio a primarie “on-line” su scala europea e sulla scia di quello che hanno già fatto i verdi francesi e tedeschi per definire i loro candidati “presidenziali” per le loro rispettive elezioni, che si sono saldate con una grande partecipazione di militanti e simpatizzanti. Vedremo cosi se la sfida di “europeizzare” le prossime elezioni potrà contribuire in modo decisivo a portare gli europei di nuovo in piazza per un’Europa diversa e soprattutto a un cambio radicale delle politiche esistenti.   Bruxelles, 7 aprile 2013


[1] http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/alter/Cento-piazze-per-cambiare-rotta-17557
[2]http://www.liberation.fr/politiques/2013/04/05/pascal-canfin-les-paradis-fiscaux-sont-une-menace-pour-la-democratie_893909
[3] http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/capitali/Se-la-Troika-ascoltasse-la-Troika-17517
[4][4] Al di là di Cipro, l'intera UE deve accelerare in vista di una vera e propria unione monetaria. A breve termine, questo richiederà il completamento della Union Banking integrando il meccanismo unico di vigilanza con un unico meccanismo di solvenza bancaria e un unico sistema di garanzia dei depositi. Altre misure sono poi urgenti,  meccanismi comuni contro evasione fiscale e il riciclaggio di denaro devono essere urgentemente rafforzati in modo da eliminare gli incentivi per mantenere “paradisi fiscali” dentro la UE e il permanere della competizione fiscale. A medio termine, è necessario insistere su strumenti per la mutualizzazione graduale del debito sovrano e un processo di convergenza delle politiche, mettendo tutti gli obiettive del programma Europa 2020 sullo stesso piano.