IL CLIMA IMPAZZITO E GLI "IMBRATTATORI" DEL SENATO: cosa é più grave?


Quale è il contesto nel quale agiscono i ragazzi di “Ultima generazione” che si chiama così perché, appunto, secondo la scienza questa è l’ultima generazione che può agire per “bloccare” gli effetti tragici del cambiamento climatico e “garantire un futuro”?

Sulla transizione e trasformazione ecologica da anni, attivisti, movimenti ambientalisti, accademici, una parte piccola ma significativa della politica si attiva, studia, fa proposte, cerca il dialogo e il confronto a tutti i livelli. La risposta è molto limitata, sporadica, distratta, a livello politico e mediatico.

I risultati che in Italia si sono potuti raggiungere in Italia provengono da obblighi europei, da situazioni locali, amministratori e amministratrici particolarmente sensibili e che possono contare su competenze accademiche e associative che non hanno nulla da invidiare a quello che succede in altri paesi; e imprenditori e imprenditrici sempre più numerosi che hanno fatto la svolta green per ragioni economiche oltre che ideali e che rendono l’Italia la seconda Green economy d’Europa nella indifferenza di gran parte dei rappresentanti confindustriali e anche sindacali.

Come era del tutto prevedibile, la situazione è peggiorata con l’arrivo della destra al governo, non tanto e non solo per le decisioni (poche) prese ma per l’approccio eco indifferente quando non eco-scettico che dimostra di avere.

Nella lunghissima conferenza stampa di fine anno della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni non c’è stato alcuno spazio per il tema dei cambiamenti climatici, sia dal punto di vista delle misure sulla riduzione delle emissioni, - che hanno ricominciato a crescere nonostante il calo dei consumi elettrici, mentre dovrebbero essere azzerate nel 2050; - che dal punto di vista delle misure per l’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici che già costano miliardi. Questo silenzio, è bene dirlo, è anche dovuto al fatto che nelle 45 domande dei giornalisti e giornaliste nessuna ha riguardato questo tema.

Invece si conferma la battaglia di retroguardia contro lo stop alla vendita di auto a motore a combustione nel 2035 già deciso dalla UE, definito “lesivo del nostro sistema produttivo” anche se molte imprese hanno già iniziato ad adattarsi e un confusissimo discorso sull’Italia hub allo stesso tempo del gas, di idrogeno verde importato non si sa bene come e delle rinnovabili, concluso con la tiritera abituale della dipendenza della Cina per i pannelli fotovoltaici. Insomma, il solito atteggiamento eco-indifferente se non eco-scettico ed eco-sordo.

Tutto questo succede nonostante il 2022 sia stato l’anno più caldo di sempre, in montagna si vada per margherite invece che a sciare e si facciano ancora i conti sulle enormi perdite dovute alla siccità e alle inondazioni, alle quali l’unica vera risposta, come peraltro succede per le bollette, è semplicemente una valanga di sussidi. E nonostante il fatto che in Italia si siano contati dal 2010 al 31 ottobre 2022 1503 fenomeni meteo estremi con 780 comuni colpiti e 279 vittime, a cui bisogna aggiungere le 12 di Ischia, e miliardi di danni.

A questo si aggiunga la spensierata politica infrastrutturale, con la previsione di nuove autostrade, del famigerato Ponte di Messina, le nuove trivellazioni e i rigassificatori e l’ancora più spensierata politica di sussidi a pioggia alle bollette senza invece pensare a misure più strutturali di riduzione dei consumi o passaggio alle rinnovabili o misure discutibili di riduzione del super bonus al 90% senza eliminare il sussidio per le caldaie a gas.

Inoltre, mentre le navi rigassificatrici tedesche sono affittate, SNAM ha speso quasi un miliardo di euro per comprare quelle che dovrebbero stare a Piombino e Ravenna, segno evidente che questa è una scelta strategica e non certo “provvisoria” in attesa che rinnovabili ed efficienza energetica siano ancora più in grado di sostituire una parte importante del nostro fabbisogno.

Anche il piano di adattamento climatico, rimasto nel cassetto per anni e appena pubblicato, come giustamente sottolinea Edoardo Zanchini sul Domani, è un bel documento scientifico, non contiene priorità di azione, ma solo la fotografia della situazione senza scelte chiare; per di più non c’è una lira nel bilancio né nulla di previsto per sostenere quelle realtà locali che più sono vulnerabili o di un piano di modifica di normative e regole per evitare che si continui a costruire in zone particolarmente a rischio.

Non c’è peraltro un vero dialogo possibile sul merito delle scelte e non da oggi.  Il discorso politico e mediatico prevalente nei confronti degli ambientalisti di ogni ordine e grado è quello di essere “quelli del NO” (nel senso che il NO alle rinnovabili è meno grave che il NO alle trivelle) o di essere “ideologici” parolina magica che uccide ogni possibilità di discussione, come se la lobby fossile che pensa ancora che i cambiamenti climatici non siano un problema nostro non fossero “inquinati” da una totale indisponibilità “ideologica” a leggere numeri, fatti, immagini che sono sotto i loro occhi.

Questa è la realtà che abbiamo oggi in Italia rispetto ai cambiamenti climatici e ai loro effetti. Una totale indifferenza, quando va bene, una ignoranza rivendicata e una ostilità innata di fronte ai cambiamenti, anche positivi, ai quali ci si dovrebbe preparare.

In questo contesto pur da persona che da sempre crede che con il dibattito razionale e il confronto con i fatti si può democraticamente avanzare anche su scelte così “rivoluzionarie” non me la sento proprio di condannare i ragazzi e le ragazze che imbrattano con vernice facilmente lavabile il Senato.

Magari io non lo avrei fatto e magari hanno ragione coloro che credono che questo sia un metodo controproducente perché i media si concentrano sulla condanna del gesto e non sul perché del gesto stesso. Ma io credo che noi ambientalisti abbiamo il dovere di non unirci al coro di condanna e dobbiamo insistere sulla necessità di agire sui contenuti più che sul rimprovero sui metodi, almeno fino a quando restano non violenti e senza conseguenze (e credo proprio che lo resteranno). E dobbiamo assolutamente condannare senza mezzi termini la spinta alla criminalizzazione e alla repressione poliziesca sproporzionata di questi fatti, addirittura facendo ricorso alle misure del codice anti-mafia come ha chiesto la Procura di Pavia per uno dei manifestanti alla prima della Scala o cambiando il reato da “imbrattamento” a danneggiamento come sta facendo la Procura di Roma.

E dobbiamo ricordarci che anche questo non è un fenomeno nuovo. Dai tempi dell’opposizione alla TAV la spinta alla criminalizzazione eccessiva è presente. O abbiamo dimenticato il processo a Erri De Luca per “istigazione al sabotaggio” per essersi espresso contro la TAV, processo peraltro finito con una assoluzione nel 2015? O le disposizioni che già da tempo limitano le possibilità di ricorsi di comitati e cittadini con costi eccessivi?

Questo è il rischio reale. Quando si definiscono questi ragazzi “terroristi” non si sa davvero di che si sta parlando. Va benissimo obbligarli a ripulire. Ma paventare condanne e prigione non sarebbe né giusto né utile. Usiamo invece questa occasione per rivendicare al massimo l’importanza del loro messaggio e la richiesta di un’azione urgente ed efficace. E spingiamo al massimo al dialogo, all’incontro alla discussione concreta su proposte e iniziative che esistono e sono fattibili.

Perché non la prigione, ma misure concrete contro i cambiamenti climatici farebbero smettere subito ogni lancio di vernice o blocco del traffico. È la politica, tutta, che deve agire. Non la polizia o i giudici.

 

Articolo pubblicato sul mio blog di HuffigtonPost  

https://www.huffingtonpost.it/autori/monica_frassoni/