Il banchiere resistente


La vicenda intorno alle dimissioni di Bini Smaghi alla Banca Centrale Europea é molto di più che la semplice storia di un banchiere che non si vuole dimettere mentre predica dal suo alto scranno maggiore flessibilità e la solita ricetta « liberista » (privatizzazioni, tagli, licenziamenti facili) che ha già ampiamente dimostrato di non funzionare.

Rivela, anche nella superficialità del coro generale di richieste di dimissioni da Berlusconi a Bersani, quanto poco chiaro sia ormai diventato il senso di un incarico europeo. Anzi, per meglio dire rivela che tutti ritengono che, come in una partita di football, tu sei li perché hai la maglietta del tuo paese. Cosi Bini-Smaghi è li perché italiano e come tale se ne deve andare perché guarda caso c’è già un altro italiano, Draghi, a sua volta nominato “nonostante” sia italiano. Questa vera e propria deriva “calcistica” ha colpito tutte le istituzioni europee, Commissione e Parlamento compresi. E’ questa solo un’altra triste faccia del problema europeo che abbiamo di fronte, la regressione della stessa comprensione del fatto che perché l’Europa funzioni, ci deve per forza essere qualcuno che non sta li a difendere la sua bandiera, ma aspira a rappresentare, governare, fare gli interessi degli europei e come tale non è legato né può essere rimosso perché un presidente del Consiglio irresponsabile prende co un Presidente isterico degli impegni che non può né deve poter rispettare. Questo evidentemente è un reale problema: dopo Delors e in parte anche dopo Prodi, ormai i governi nazionali hanno capito benissimo come fare ad evitare che si sviluppi un centro autonomo di potere a livello europeo in grado di “fare l’Europa”: basta nominare ex ministri o personaggi non particolarmente interessati né competenti e un signore opportunista e cinico alla Presidenza della Commissione, fare delle campagne elettorali europee dove si parla di tutto tranne che di Europa e mandare deputati spesso “calciatori” (nel senso che sono li a fare gli interessi del governo o delle corporazioni che rappresentano) o pre-pensionati, evitare accuratamente liste europee e il gioco è fatto. Non c’è neanche bisogno di investire troppi sforzi nel minare qualsiasi azione “comune”: la Commissione e il Parlamento si “auto-castrano” sempre più spesso per non disturbare il manovratore. Naturalmente, non sono cosi ingenua da pensare che con una Unione europea davvero federale e un parlamento eletto dopo una vera campagna elettorale europea le cose andrebbero per forza meglio: le politiche messe in campo dall’UE negli ultimi anni, tranne poche eccezioni, sono state una delle cause della sua crisi di credibilità e le proposte della Banca Centrale sono sbagliate e comunque una Banca che non deve definire il contenuto delle politiche. Ma è indubbio che perché l’UE possa giocare un ruolo positivo nell’uscita dalla crisi economica, sociale, ecologica, ma anche di “senso” nella quale è sprofondata, è assolutamente necessario riscoprire la battaglia per l’Europa federale. E lasciare Bini Smaghi dov’é.