Mezz’ora fa, quando ho cominciato a riflettere su cosa scrivere in questo articolo pensavo di cominciare “in questo novembre grigio e piovoso come si conviene…”; adesso però sollevo la testa e c’è un sole timido e una bella luce. Mi pare perciò che posso prendere questo come un segnale per smettere di concentrarmi sulle cose negative e cercare qualche elemento di motivazione e ottimismo; anche se di ragioni per essere ottimisti non ce ne sono proprio moltissime.
La prima cosa da dire è che la qualità della proposta politica e in particolare della politica economica, non pare determinante per vincere; passano solo due messaggi: o sei moderato, credibile, soft, competente e magari non politico come Monti (non importa se alcuni dei suoi difensori siano responsabili di molto dello sfascio attuale e non importa se nulla dell’agenda Monti stia aiutando l’Italia a uscire dal buco nero della disoccupazione); oppure devi essere completamente diverso dal sistema stesso e percepito come nuovo, come contro il sistema o come qualcuno che ti “difende” dal sistema. Inutile perdersi in dettagli. E naturalmente devi riuscire a sfondare il muro mediatico che continua imperterrito a dare voce ai soliti noti, con l’eccezione dei pochi grillini disposti a farsi intervistare. (Sia detto per inciso, i dictat del Grillo che non vuole contraddittorio farciti di insulti sessisti sono inaccettabili. Ma che il “format” della maggior parte dei talk show sia quanto di meno “libero” e “aperto” ci sia è un fatto).
Il PD che si muove tra questi due opposti è oggi la prima forza secondo i sondaggi non solo perché dall’altra parte non si sa dove si va, ma anche perché è portatore di un po’ di tutti e due i suddetti messaggi e delle loro sfumature, da Renzi il rottamatore, a Fioroni a Bersani e Fassina. E appare ondeggiante, ma sono convinta che parte della sua forza attuale sta proprio in questa ambiguità.. Si tratta comunque di una forza molto relativa naturalmente, perché comunque scetticismo e sfiducia dominano e perché proprio sull’aspetto che oggi pare determinante per molti elettori, cioè la capacità di rompere con pratiche e metodi di malaffare, non riesce davvero a rappresentare quella svolta che tutti vorrebbero. Insomma per prendere voti non basta essere virtuosi bisogna anche essere nuovi, forti e alla moda e disporre di un capo rumoroso, che piace ai media (inclusi i social) e non si perde in mille dettagli sulle proposte, ma incarna in quanto persona rinnovamento totale o affidabilità e credibilità, non importa se reale o virtuale.
La seconda cosa da dire è che l’Anti-Montismo non fa di per sé vincere le elezioni. Ormai sta passando l’idea che se non facciamo quello che ci dice “l’Europa” di cui Monti è il massimo garante andremo in rovina; il fatto che quello che dice l’Europa non ci stia portando fuori dalla crisi ma ci stia sempre più incastrando in una recessione profonda pare secondario. Domina il “non c’è scelta” e, ancora una volta, la poca attenzione ai dettagli. Esemplare in questo senso la discussione sul Monti2 e la sua supposta ineluttabilità; ancora più esemplare la stupefacente quiescenza con la quale si accettano come inevitabili tagli come quella ai malati di SLA, mentre il main-stream mediatico e politico tace sui MILIARDI agli F35, il mantenimento della società Ponte sullo Stretto di Messina, il Tunnel in Valsusa o le regole inique che profittano ai concessionari di autostrade. Anche su un tema cruciale come il piano energetico appena presentato dal governo e per la prima volta sottoposto a consultazione pubblica tutto o quasi (ci sono valorosi che cercano le alternative, vedi) tace. E’ molto difficile portare questi contenuti nel dibattito politico e competere intorno a questo.
Eppure è assolutamente fondamentale riuscire a elaborare una proposta chiaramente alternativa, pur senza disconoscere gli aspetti positivi del lavoro di Monti; cercando di entrare in modo preciso sui suoi contenuti senza accettare che si possa parlare di un’agenda Monti “tout court” dimostrando che la suddetta agenda ha funzionato, ripeto, per lo spread e come specchietto per le allodole fuori dall’Italia, ma internamente non ci sta portando fuori dal guado e non ha minimamente intaccato il potere della finanza, delle lobbies più eco-unfriendly, dei “perfidi” mercati. La mia impressione sempre più netta è che Mario Monti non intervenga più di tanto sui contenuti delle politiche, a parte il suo fermo approccio liberista ed eco-indifferente, basta che ottengano il risultato di dare credibilità esterna e di ridurre il debito. E siccome le sue frequentazioni non sono esattamente con ambienti particolarmente innovativi o “verdi” il gioco è fatto: le ricette sono sempre le stesse (infrastrutture, riduzione del costo del lavoro, gas-petrolio-carbone…), gli amici pure.
La terza considerazione è che anche i cosiddetti “movimenti” e associazioni, quelli che si riuniranno a Firenze a novembre a 10 anni dal Social Forum del 2002 (www.firenze1O10.eu) quelli che sono attivi, scrivono, fanno proposte, sono presenti sul territorio, quelli che hanno visto da tempo dove si andava a parare, quelli che hanno animato il referendum sull’acqua e in parte quello sul nucleare non sono ancora riusciti davvero a prospettare un’alternativa capace di raccogliere voti e consenso in modo determinante per influire sulle maggioranze elettorali o anche solo sul centro-sinistra. A differenza del ciclone Grillo, che fin dal “vaffa-day” dell’8 settembre di 5 anni fa si è posto un obiettivo di conquista delle istituzioni e quindi ha dato una prospettiva concreta di “potere”, questi cercano una via diversa, valorizzando la partecipazione e mobilitazione al di fuori delle istituzioni; cosa che finora non ha dato molti frutti, nonostante lo straordinario risultato referendario, che si è evaporato dal punto di vista della mobilitazione dopo pochissime settimane. Forse, questa idea di vedersi come “altro” rispetto alla politica e un atteggiamento di diffidenza (la Fornero direbbe “choosy”) rispetto ai politici anche quelli più vicini, senza riuscire però a scatenare un’offensiva visibile o magari un’occupazione diretta dello spazio politico a parte la protesta, li mantiene in una nicchia più o meno ampia, ma per il momento egualmente poco influente. Anche la presa di posizione di rifiuto assoluto di discussione con tutto quello che ha a che vedere con Monti e il suo governo da parte di alcuni, mi pare un atteggiamento che si tira fuori dalla mischia, non riesce a creare un’aggregazione davvero rilevante e lascia un po’ spiazzato chi vorrebbe invece avanzare adesso e in occasione delle prossime scadenze elettorali su temi che sono forti nella discussione e nella pratica associativa (ambiente, economia alternativa, integrazione dei nuovi cittadini, diritti, esempi positivi di governo locale e di partecipazione cittadina), ma praticamente assenti dal dibattito politico. La mia preoccupazione è che l’occasione del superamento del berlusconismo e un possibile ritorno al governo da parte “progressista” si saldi in una battaglia tra i più o meno “montiani” e i più o “meno” cattolici o fra i più o meno “moderati” e i più o meno “rottamatori”, sulla base di confronti personali e slogan generici, lasciando fuori e senza voce quella miriade di realtà che concretamente stanno trovando soluzioni sostenibili alla crisi, che potrebbero dare un contributo importante nella definizione di un’Italia di nuovi lavori e prospettive, che si battono sul territorio, ma che non riescono ad emergere e a raccogliere consenso. La conseguenza è naturalmente che anche se vincesse il centro-sinistra alle elezioni, tanto più se ci sarà davvero un’alleanza con l’UDC, ci si troverebbe rapidamente intrappolati in una dinamica di rapporti di forza molto difficili nei quali magari fermeremo la TAV in Valsusa e seppelliremo il Ponte di Messina, ma non riusciremo a dare una svolta innovativa e sostenibile alla nostra economia, una prospettiva di uscita dalla crisi che non sia solo la difesa dell’esistente da posizioni di debolezza e nuovi diritti a vecchi e nuovi cittadini e cittadine.
Che fare allora?
A rischio di essere irrealista e un po’ ingenua, penso che sia arrivato il momento di mettere una serie di punti sul tavolo e, a partire da una rete che esiste di ambientalisti, associazioni, esponenti di varie forze politiche mettere in piedi un testo (no, non un appello) con pochi punti molto concreti e chiari da porre dopo le primarie al vincitore (purtroppo dubito che ci saranno vincitrici) e ai suoi alleati, in un appuntamento pubblico e ben preparato, che può essere anche visto come il seguito “auto-organizzato” e molto più concreto della giornata di ascolto convocato da Bersani, Vendola e Nencini (!), allargato magari a esponenti politici che in quell’alleanza non sono per ora coinvolti.
Vedo tre punti da articolare in modo breve e sulla base anche del lavoro di Sbilanciamoci, delle conclusioni che verranno dei lavori del Forum di Firenze e del Consiglio dei verdi europei ad Atene, e delle riflessioni che in Italia e in Europa si stanno facendo su come uscire dalla crisi globale che ci attraversa. L’obiettivo è tra l’altro di “rimpolpare” la Carta di Intenti.
Detto cosi, sembra tutto molto complicato, ne sono cosciente. Complicato, poco mediatico, per nulla “trendy”. Ma noi tutti partiamo da un fondo comune di lavoro e vicinanza definito e se parliamo di proposte concrete non penso ci saranno molti problemi. Ne parliamo insieme e ognuno nei suoi circoli da anni, sappiamo ci sono opzioni semplici e relativamente non costose, eppure ci ritroviamo ancora con le trivellazioni di petrolio, i tunnel nelle Alpi e perfino gli F35 presentate come soluzioni di sviluppo economico. E’ a questa arretratezza che è anche segno del potere delle lobbies che dobbiamo rapidamente attrezzarci. Ogni giorno ci sono nuovi appelli e nuove iniziative intorno a questo o quel leader: io penso che noi dovremmo fare un’operazione opposta: rendere visibile e fortemente propositiva una rete ambientalista e di diritti civili di soggetti che accettano il gioco delle primarie e sfidano la futura alleanza sul piano dei contenuti, chiamandola a prendere posizioni fortemente alternative ad una serie di scelte che sbagliate e lesive dell’interesse pubblico, senza necessariamente uscire dal proprio luogo di azione (partiti, associazioni, comitati) ma con l’idea concreta di pesare sulle scelte della futura coalizione di governo.
In questa fase, m’interessa ormai poco il contenitore. Ce ne sono in giro anche troppi e ognuno potrà scegliere il suo. Ma io penso che oggi sia assolutamente necessario decidersi a fare pesare in quanto tale e con le sue anime più diverse, ma intorno a proposte condivise, questo vasto mondo di ambientalisti, libertari, operatori sociali e della cultura che politici e media del “main stream” considerano ancora minoritario, ma che, se visibile e organizzato, non fosse che per lo spazio della battaglia elettorale, potrà avere un impatto nel governo che ci aspetta.