CLIMA 2030: ULTIMO ERRORE DI UNA COMMISSIONE A FINE CORSA


2030Il “body language” non mente. Jose Manuel Barroso e Connie Hedegaard, la Commissaria al Clima, sono imbarazzati e a disagio il 22 gennaio alla presentazione del Libro Bianco Clima ed Energia 2030. Lei, la Hedegaard,  fin troppo gesticolante, molto diversa dal suo abituale aplomb scandinavo; lui, Barroso, incerto e balbettante in particolare quando parla della grande sfida del clima,  ed è evidente che dice cose alle quali non crede. Il Commissario all’energia Oettinger, invece, voluto dal 2009 dalla Merkel, ex presidente del Land industriale del Baden Wuttenberg conquistato dai Verdi e compagno di scuola dei capi di grandi imprese tedesche, è l’unico che sembra disinvolto e a suo agio. Non c’è da stupirsi. Le proposte presentate segnalano infatti la sostanziale resa dell’esecutivo europeo alle ragioni di Cameron e alla lobby “fossile” rispetto al grande e positivo capitolo aperto nel 2007 con il Pacchetto 20/20/20, che ha creato le condizioni per un incredibile balzo in avanti delle energie rinnovabili in tutta Europa, riducendo emissioni e creando migliaia di posti di lavoro, e che oggi insidia pericolosamente il ristretto numero dell’oligarchia energetica europea, riunita nei cosiddetti 10 (o 12) del Gruppo Magritte (http://goo.gl/99mw4T). La Commissione ha presentato un Pacchetto di proposte non legislative che erano molto attese. Su quella base i capi di stato e di governo discuteranno a marzo se approvare o no questo orientamento mentre il PE voterà a inizio febbraio. Poi, dopo le elezioni inizierà l’iter legislativo, sulla base di proposte che arriveranno a settembre. Si tratta in sostanza di decidere che modello energetico avrà l’Europa dopo il 2020; e, quindi, anche di capire come si presenterà l’UE ai negoziati internazionali sui cambiamenti climatici che a Parigi nel 2015 determineranno una svolta positiva a favore di un grande accordo vincolante o l’abbandono di una strategia globale sul clima. La proposta, prevede un obiettivo vincolante al 40% per la riduzione di CO2 che poi si dovrà tradurre in obblighi di riduzione nazionali, un obiettivo europeo del 27% che è misteriosamente vincolante a livello europeo, ma non vincolante a livello nazionale per le rinnovabili e nessun obiettivo per l'efficienza energetica, che dovrà aspettare la revisione della relativa direttiva nel giugno prossimo per essere discusso (http://goo.gl/VKswMb). Ma cosa vogliono dire, davvero, questi numeri? Tre cose, tutte e tre molto negative. Innanzitutto, con questa proposta la Commissione Ue rinuncia ad un ruolo di guida nella lotta ai cambiamenti climatici e lascia la politica energetica europea alla scelta dei governi. Contrariamente al 2007, non sceglie; anzi: a Barroso le energie rinnovabili non appaiono più una scelta strategica da incentivare e spingere, come appare chiaro dalle sue dichiarazioni secondo le quali le RES “non sono un obiettivo in sé”: non è necessario scegliere a livello europeo fra gas, petrolio, “carbone pulito”, nucleare. Che lo facciano gli Stati membri, l’UE smetterà perfino di “suggerire”.  In secondo luogo, segnalano che non c’è alcuna fretta per realizzare l’impegno di limitare a 2° il riscaldamento del pianeta e che si possono allungare i tempi, naturalmente per via della “crisi”. Infatti, l'obiettivo al 40% di riduzione delle emissioni di CO2 non presuppone alcuno sforzo particolare, dato che già oggi si prevede che al 2020 saremo a -27%. Noi sappiamo, però, che per mantenere l'aumento della temperatura entro i 2 gradi, come l'Ue si è impegnata a fare, dobbiamo ridurre le emissioni del'80/90% entro il 2050 e del 55% entro il 2030: questa decisione è quindi un pessimo segnale in vista della COP di Parigi nel 2015. Inoltre, se dal 2020 entrerà in vigore il nuovo schema di obiettivi di consumo delle energie rinnovabili non più vincolante, perché i numerosi Stati membri (come il Regno Unito)  oggi in ritardo dovrebbero affrettarsi? Non c’è più alcuna sanzione possibile! In terzo luogo, le decisioni della Commissione Ue rivelano la sottomissione agli argomenti di Cameron e delle lobby energetiche e la totale disattenzione per le scelte dell’unico organi democraticamente eletto della UE, il Parlamento europeo, che ha preso una posizione decisamente più ambiziosa  e che comunque ha un potere di decisione diretto sulle future normative. (http://goo.gl/a689T5).  Argomenti, peraltro, largamente smentiti dai fatti e dagli stessi studi della Commissione europea. Ad esempio, non è vero, come Squinzi e Zanonato ripetono, che i prezzi dell’energia sono più alti in Europa per via degli incentivi alle rinnovabili; in realtà il prezzo dell’energia dipende in maniera prevalente dagli alti costi dei carburanti fossili che ci tocca importare (oltre 500 miliardi di euro nel 2012). Non è vero che le aziende degli Stati Uniti hanno un sistematico vantaggio di prezzi per via del miracoloso shale gas, per la semplice ragione che… gli europei sono molto più efficienti e usano meno energia che i loro colleghi americani. Come vanno ripetendo la IEA e l’OCEDE, l'opzione più salutare per la competitività dell'industria europea é puntare su RES ed efficienza: per ridurre la dipendenza dai fossili e allo stesso tempo  puntare su tecnologie avanzate e nuovi settori di attività economica, che “approfittano”, invece di subire, dei cambiamenti climatici e della scarsità di risorse. Non è quindi necessario mettere in contrapposizione clima e sviluppo economico. Anzi. Obiettivi ambiziosi nel campo delle rinnovabili porterebbero, (dixit  Commissione europea) a 500.000 di posti di lavoro in più rispetto a un solo obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni. E 1.500.000 di posti di lavoro diretti all’anno verrebbero creati con obiettivi ambiziosi di efficientamento energetico. Ormai, gli argomenti a favore di una rivoluzione verde sono numerosissimi e sotto gli occhi di tutti: purtroppo i “controrivoluzionari” lavorano in modo efficace. Però non tutto è perduto. A maggio, il Parlamento europeo verrà rinnovato e a luglio un nuovo presidente della Commissione verrà nominato. C’è ancora tempo e modo per invertire la rotta e riprendere la strada di un vero e proprio Green New Deal.   Monica Frassoni